Negli ultimi decenni la crisi climatica e il susseguirsi di sfide ambientali hanno reso sempre più evidente la necessità di una stretta correlazione tra progresso socio-economico e sviluppo sostenibile.
Nella corsa per rallentare il cambiamento climatico, le politiche industriali dei paesi emergenti hanno intrapreso un processo evolutivo verso la Green Economy, driver di cambiamento del paradigma economico.
La Green Economy applica in economia le considerazioni sul climate change, con lo scopo di integrare le politiche ambientali a quelle delle imprese, generando più ricchezza con meno risorse.
Ma è davvero possibile ripristinare il benessere e la qualità dell’ambiente percorrendo la strada dell’Economia Green, senza rischiare contraccolpi economici?
In questo articolo valuteremo le aree di intervento in cui gli esperti stimano le principali opportunità.
Economia vs. Ambiente
Nel 1972 i ricercatori del Massachusets Institute of Tecnology pubblicavano “I limiti dello sviluppo”, un rapporto di ricerca molto preoccupante per l’evoluzione dell’umanità.
Gli accademici di Boston prevedevano un collasso della società intorno agli anni 2050-2070 per depauperamento delle risorse naturali, crescente inquinamento e crisi delle fonti alimentari.
Secondo le proiezioni del rapporto di ricerca, la popolazione planetaria si sarebbe raddoppiata ogni 30 anni rendendo i paesi non autosufficienti nel soddisfacimento del fabbisogno alimentare.
Stima rivelatasi poi veritiera: i dati demografici del 1975 registravano infatti 4 miliardi di persone e in 45 anni la popolazione si è stabilizzata a 7,7 miliardi.
Risultato che collima perfettamente con l’andamento quantificato dai ricercatori e che il Pianeta fatica a sostenere. Ci si domanda allora come intervenire per ritornare in armonia con i cicli evolutivi della natura.
Certamente la riposta non è la decrescita dei consumi, che danneggerebbe l’economia e l’evoluzione sociale. L’unica strada percorribile è la trasformazione dei mercati e dei modelli di consumo attraverso l’innovazione tecnologica, puntando alla re-immissione in produzione di materie prime seconde (MPS), i cosiddetti materiali di scarto o i materiali sottoposti ad attività di recupero.
La sfida è mantenere alte le opportunità economiche riducendo gradualmente gli sprechi, fondamentali in tal senso sono la valutazione e la quantificazione preventive degli impatti ambientali di prodotti e servizi adottando lo strumento del Life Cycle Assessment – analisi del ciclo di vita del prodotto.
E’ un sistema di controllo adottato nella progettazione di prodotti e processi per analizzarne la vita utile in tutte le fasi – dall’estrazione delle materie prime allo smaltimento finale, includendo manifattura, distribuzione e manutenzione – con lo scopo di definirne i carichi energetici.
Il calcolo del Life Cycle Assessment consente di calibrare l’uso delle risorse e di preservare quelle disponibili in quantità limitate, contenere i costi di gestione dei rifiuti e conseguire un risparmio significativo.
Toxic City
Il mondo delle imprese storicamente è sempre stato in contrasto con l’ambiente. Le attività produttive consumano materie prime naturali, imponendo forti costi all’ecosistema: emissioni atmosferiche, contaminazione di suolo e acque, cumuli di rifiuti difficili da smaltire.
La produzione annuale di rifiuti in Europa si è attestata a 3 miliardi di tonnellate – di cui il 3% ha un elevato grado di pericolosità.
Lunga è la lista di disastri ecologici provocati negli ultimi decenni dall’attività antropica, il Blacksmith Institute pubblica periodicamente la lista nera dei 10 luoghi maggiormente inquinati del Pianeta.
Per qualità dell’aria, il primato va purtroppo all’India, la cui popolazione è esposta a livelli tossici di smog e polveri sottili, con effetti devastanti sulla salute.
Si registrano annualmente circa 1,2 milioni di morti per malattie respiratorie e cardiovascolari.
A New Dheli , la combinazione tra i gas di scarico degli autoveicoli, la quota delle emissioni industriali e la combustione dei residui erbacei da mietitura, ha generato una cappa di smog stagnante che riduce in modo significativo la visibilità e spesso paralizza il traffico aereo.
Green economy e strumenti di riconversione sostenibile
La Green Economy è oggi un fenomeno globale, che coinvolge l’intero sistema economico e produttivo, trovando sostenitori sia tra gli ambientalisti che gli economisti.
L’economia green riconcilia benessere e crescita economica, promuovendo:
- la riduzione delle sostanze inquinanti
- lo sviluppo dei trasporti pubblici e della mobilità elettrica
- interventi di riqualificazione urbana
- il rilancio delle fonti energetiche rigenerabili (eolico, solare, geotermico, biomasse, gas, oceanico, idraulico, idrotermico)
- la progettazione per il disassemblaggio (DfD) nel settore produttivo per facilitare lo smontaggio, il recupero e il riutilizzo di componenti e materiali
- equa ripartizione delle risorse
- ottimizzazione delle performance energetiche del patrimonio immobiliare esistente
Consente di operare sugli ecosistemi senza minarli e rilancia l’occupazione, portandola a livelli accettabili. Studi condotti dal Kyoto Club rivelano un aumento del 47% degli occupati nel settore del riciclo nell’ultimo decennio.
L’economia verde rivela essere socialmente inclusiva e crea lavoro, a beneficio del PIL mondiale. Generatrice di crescita e benessere, la Green Economy concilia la coscienza ecologica con i principi di economicità, competitività e profittabilità su cui si fonda la governance tradizionale.
La sua attuazione necessita del coinvolgimento della collettività oltre al supporto delle istituzione pubbliche. Veri protagonisti sono infatti i consumatori e gli operatori economici, che hanno il potere di orientare il mercato a modelli alternativi a basso impatto ambientale.
L’UNEP, Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, individua 10 settori strategici in cui investire per lo sviluppo sostenibile:
- Agricoltura
- Acqua
- Foreste
- Pesca
- Energia
- Industria
- Rifiuti
- Edilizia
- Trasporti
- Turismo
Green Economy ed eco-innovazione: il posizionamento dell’Italia
Dopo la crisi finanziaria del 2008, per dare stabilità alla ricrescita economica i governi hanno orientato gli investimenti in quote green per la tutela del capitale ambientale.
Il progetto di un’economia a bassa emissione di carbonio ha coinvolto soprattutto i settori strategici dell’industria, delle costruzioni e dei servizi, incentivati dalle direttive europee all’impiego di materiali ecocompatibili, al riutilizzo delle materie prime in più cicli produttivi e alla riduzione dei rifiuti emessi.
Anche le imprese italiane hanno intrapreso il processo di eco-innovazione, muovendosi in direzione della Green Economy per prevenire l’inquinamento e l’esaurimento delle risorse naturali.
Non a caso il focus dell’Expo di Milano del 2015 è stato Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita, un’urgenza di cambiamento a beneficio delle generazioni a venire, entrata a far parte del comune sentire.
L’innalzamento del livello del mare, la contaminazione delle falde acquifere, la deforestazione, le piogge acide, l’uso intensivo del suolo, la scomparsa della biosfera, la cementificazione dei centri abitati e l’urbanizzazione aggressiva, sono alcune delle priorità dell’agenda politica europea.
L’Italia, più volte colpita da frane, siccità e da inondazioni per precipitazioni intense, si mostra sensibile ai temi ambientali e si muove in linea con il processo di decarbonizzazione dell’economia, intrapreso con gli ormai famosi obiettivi europei della strategia 20-20-20.
I dati statistici del 2016 classificano l’Italia fra i leader in Europa, in terza posizione – dopo Germania e Francia- per consumi finali da fonti rinnovabili, che soddisfano il 17,4% del fabbisogno energetico interno.
La struttura geofisica e morfologica del paese e le temperature miti, lo rendono del resto ricco di energia idroelettrica, geotermica e fotovoltaica, favorendo il graduale svincolo dalle fonti fossili.
Per rafforzare l’impulso alla decarbonizzazione, il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (Snpa) ha promosso l’adozione di criteri ambientali e sociali anche negli appalti pubblici.
Bisogna riconoscere che l’impegno assunto dall’Italia ha determinato un calo progressivo delle emissioni di gas serra, in particolare di anidride carbonica, un primo passo per la mitigazione del riscaldamento globale.
Riuso, Riciclo e Rigenerazione
Il riuso, il riciclo e la rigenerazione sono tre azioni vincenti per salvare il Pianeta.
L’esempio più significativo degli ultimi anni è la raccolta differenziata e il recupero degli oli e dei grassi esausti di origine vegetale, contributo enorme della riduzione dei rifiuti.
In Italia si producono ogni anno oltre 250 mila tonnellate di olio vegetale esausto, proveniente per lo più dalla ristorazione (ristoranti, pizzerie, fast-food e alberghi) e dal mondo domestico.
Le imprese operanti del settore della gestione rifiuti, ne recuperano 1/5 eliminando meccanicamente le impurità attraverso processi di filtrazione e decantazione e separando eventuali particelle d’acqua con attrezzature centrifughe.
In poco più di un decennio di operato, Ecosole ha raccolto oltre 2.750.000 lt, trasformando il rifiuto in nuova risorsa, denominata RUCO (Regenerated Used Cooking Oil).
Il 95% dell’olio alimentare recuperato è destinato alla rigenerazione ed è re-immesso sul mercato per la produzione di lubrificanti o biocarburanti.